Chi sono
Serena Romano è nata a Napoli, dove si è laureata in Filosofia con una tesi sul rapporto tra Carmelo Bene e le avanguardie storiche del ‘900. E proprio grazie all’amicizia creatasi con Bene, che riesce a ottenere da lui una lunga intervista in esclusiva con la quale inizia l’attività di giornalista e critico teatrale sul GIORNALE DI SICILIA, sul MATTINO di Napoli e su riviste specializzate (SIPARIO, SCENA, ecc.).
In seguito, come collaboratrice anche della pagina culturale del MESSAGGERO, intervista numerosi personaggi del mondo della cultura, dell’arte, della politica e dello spettacolo. Fra questi: Eugenio Montale, Claude Lévi-Strauss, Raymond Aron, Jean Luc Goddard, Ilya Prigogine, Karl Popper, Renè Thom, Louis Aragon, Hans Georg Gadamer, Eugenio Garin, Norberto Bobbio, Theodore Geraets, Remo Bodei, Pierre Vidal Naquet, Bernard-Henry Levy, Paul Ricoeur, Ernst Gombrich, Jean Pierre Vernant, Jean Louis Barrault, Madeleine Renauld, Marcel Marceau, Giscard D’Estaing
Il passaggio dalla pagina della cultura a quella delle grandi inchieste avviene nell’80. E’ l’anno del terremoto in Irpinia e la Romano, da poco assunta al Mattino, se ne occupa approfondendo come le grandi imprese, con l’appoggio della politica, riescano a sfruttare le vere e le finte emergenze: come riescano, cioè, ad aggirare le leggi che regolano gli appalti utilizzando in maniera illegittima le procedure di “somma urgenza” per realizzare opere inutili, sbagliate, costose e dannose.
A partire da questo periodo, dunque, la Romano fa da cassa di risonanza alle tesi di intellettuali e scienziati non asserviti al potere economico, a pionieri dell’ambientalismo come Antonio Iannello di Italia Nostra e a quanti trovano un punto di riferimento e di incontro nei seminari e nei dibattiti tenuti a Napoli presso l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e presso le Assise di Palazzo Marigliano. E quando le sue denunce non trovano spazio adeguato sul Mattino – che all’epoca faceva capo alla Democrazia Cristiana – vengono riprese da alcuni giornalisti italiani ai quali la stessa Romano le invia pur di far emergere la notizia e con i quali si instaura un rapporto di stima e collaborazione reciproca: in particolare con Giorgio Bocca, con Luigi Firpo titolare della rubrica “Cattivi pensieri” sulla Stampa, con Giovannino Russo editorialista del Corriere della Sera. Ma soprattutto con Vittorio Emiliani direttore del Messaggero che ospiterà inchieste e interviste che spesso il Mattino preferisce “evitare” (come “Napoli esiste ancora?” 1° – 2° – 3° o “Averno broccoli e cemento“).
Scrive così, anche con l’appoggio di queste testate a livello nazionale, l’inchiesta sulla “legge truffa per la depurazione” nota come legge Merli e descrive le conseguenze devastanti che avrebbe prodotto sui tanti progetti di depuratori, a cominciare dai mega impianti progettati dalla Cassa per il Mezzogiorno. Conseguenze disastrose puntualmente verificatesi: decollati sulla spinta della “finta emergenza colera”, tutti i depuratori progettati – dall’impianto di Cuma a quello dei Regi Lagni – sono stati la causa dell’irreversibile degrado del mare e del territorio dei Campi Flegrei, una delle aree più preziose al mondo dal punto di vista archeologico, culturale e paesaggistico.
Un’area che riceve un altro grosso colpo con la cementificazione che scienziati prezzolati al servizio delle lobbies hanno favorito sfruttando il bradisismo di Pozzuoli per alimentare il panico di un “finto rischio terremoto”: nella lunga inchiesta su PANORAMA MESE dal titolo “Sotto le scosse c’è il trucco” e nell’intervista esclusiva al più famoso vulcanologo vivente, Haroun Tazieff (pag. 1, pag. 2, pag. 3), Serena Romano racconta come i puteolani furono “convinti” con la paura di un imminente terremoto ambiguamente avallata da scienziati senza scrupoli, ad abbandonare le loro storiche case sul mare, per finire in “sicuri” ma abominevoli quartieri dormitorio costruiti ad hoc nei Campi Flegrei. Fra gli strumenti utilizzati per convincerli, anche un sismografo piazzato sul tunnel della Circumvesuviana dove registrava scosse provocate non dal sisma, ma dal passaggio dei treni…
E questo metodo delle emergenze finalizzate al business, viene perfezionato definitivamente con la “finta emergenza rifiuti”: durata 16 anni anziché i 6 mesi consentiti dalla legge, la Romano descrive come questa emergenza sia stata creata ad arte e alimentata da un abnorme numero di “deroghe” alla legislazione sulle procedure di urgenza che hanno consentito ai commissari governativi per “l’emergenza rifiuti” di operare in deroga ad ogni legge. In particolare: in deroga alla normativa sulle espropriazioni e sui vincoli idrogeologici e paesistici; alla normativa sulla localizzazione delle opere pubbliche; alla normativa in materia di rifiuti e alla normativa tecnica in materia di discariche; alla normativa in materia di contrattualistica pubblica sia interna sia a livello comunitario; alla normativa sull’impatto ambientale e sulla “partecipazione” da parte dei cittadini; fino all’ordinanza del gennaio 2008 che non specifica più neanche le leggi alle quali il commissario può derogare, ma prevede addirittura una deroga generica.
Così, mentre la maggioranza dei media si affanna a descrivere proteste e cumuli di immondizia, il disastro ambientale aumenta perché la vera causa trova scarsa eco sulla stampa e non viene rimossa. Il determinarsi, infatti, di un doppio quadro dell’ordinamento giuridico italiano – un ordinamento giuridico generale, fondato sul principio di legalità, ed un ordinamento “giuridico” parallelo operante solo in Campania – apre la porta alla deregulation più totale, concedendo ai commissari di operare come “agenti 007”: con licenza di uccidere… la legge e i diritti costituzionali che ne costituiscono le fondamenta.
Per queste inchieste, viene premiata dai giornalisti della stampa estera di Montecitorio con il Premio Volterra assegnato quell’anno a Piero Angela come giornalista affermato e alla Romano come giornalista emergente.
Su questi e altri temi legati al malaffare, la Romano ha scritto anche per l’EUROPEO (negli anni in cui è stato diretto da Lanfranco Vaccari, da Lamberto Sechi e da Vittorio Feltri), per SCIENZA 2000 sotto la direzione di Domenico De Masi, CAPITALE SUD, EPOCA, SOLE 24 ORE, CHORUS, PHOENIX INTERNATIONAL.
Ha lavorato, inoltre, per diverse reti televisive locali e per la Rai, sia alla radio che in video (per “Chiamate Roma 3131”, per “Telefono Giallo” condotto da Corrado Augias e per “Un Terno a Lotto” condotto da Oliviero Beha). E alcune sue denunce si sono rivelate tempestive: come quella fatta insieme ad Antonio Iannello ed apparsa sul Messaggero la mattina stessa in cui a Napoli si stava firmando la convezione tra l’Università di Napoli ed il Ministero per i Beni Culturali che avrebbe consentito lo sventramento del centro storico di Napoli: che venne, invece, bloccato.
Inevitabilmente, queste inchieste giornalistiche hanno provocato reazioni da parte di politici, lobbisti e “poteri forti”: ma in Tribunale, ha sempre dimostrato di avere ragione. Fra le reazioni più pesanti, la richiesta di risarcimento danni di 700 milioni di lire all’Europeo e 700 milioni alla stessa Romano per il servizio sui giudici di Ustica, Bucarelli e Santacroce, dal titolo “Attenti a questi due: 10 anni di finte indagini”, rimossi e sostituiti dal giudice Rosario Priore, pochi giorni dopo la pubblicazione del servizio.
Fra le reazioni più “singolari”, la querela-boomerang di Paolo Cirino Pomicino per un articolo apparso sull’Europeo: il Ministro, infatti, querelò la Romano definendola “giornalista notoriamente collegata ad ambienti scandalistici napoletani”, provocando un’immediata contro-querela: “…non consento a nessuno, neanche al ministro del Bilancio, di definirmi in questo modo” . Così, alla notizia: “Ministro querela giornalista…” seguì il giorno successivo “Giornalista querela Ministro…”. E poichè la discussione del processo rischiava di essere avvolta dal clamore mediatico di “Mani pulite”, il ministro tentò di sedarlo: prima rimettendo la querela contro la Romano, poi tentando di ottenere da lei altrettanto. E dai dialoghi informali intercorsi fra i legali, si dimostra intenzionato a risarcirla, a patto che anche lei rimetta la querela contro di lui. Ed è qui che la vicenda diventa “singolare” perchè nella trattativa entra anche un cavallo: è offerto come risarcimento bonario, conoscendo la passione della giornalista per l’equitazione.
Ma la Romano preferisce il risarcimento morale della Giustizia: che, in questo caso, inaspettatamente, prevede anche una provvisionale di 50 milioni di lire, che il ministro le verserà solo parzialmente, “a rate” di 2 milioni e mezzo al mese, poichè risultava quasi “nullatenente”…
Le pressioni di politici e lobbisti, comunque, continuano al punto da determinare una situazione per la Romano insostenibile: riceve sostanzialmente lo stipendio… per non scrivere. Come dipendente a tempo pieno e indeterminato, il contratto giornalistico “articolo 1”, prevede, infatti, l’esclusiva della firma: che il direttore esercita negandole il permesso di collaborare con altri giornali, dopo averla comunque relegata a scrivere per il Mattino articoli inoffensivi. Perciò, dopo un periodo in cui utilizza lo pseudonimo di Marzia Catalano, la Romano preferisce dimettersi da redattore a tempo pieno e accettare un modesto contratto di collaborazione “articolo 2” che non le impedisce, però, di esercitare liberamente la professione: anche se il mutato clima politico determinato dall’avvento di Berlusconi con la conseguente concentrazione delle testate giornalistiche e della pubblicità, distruggendo la concorrenza, rende sempre più difficile fare inchieste che scottano.
Così al giornalismo accoppia l’attività di cavaliere-istruttore di equitazione e di scrittrice. Trasferitasi da Napoli nella campagna vicino Benevento, apre un pony club Coni-Fise sotto casa e frequenta più intensamente il mondo delle gare anche con i suoi allievi. E nel novembre 1992, a 10 anni dalla morte dell’armatore Achille Lauro, pubblica il libro “Don Achille ‘o Comandante: tutta la verità sui Lauro” (Sperling & Kupfer Editori) nel quale dimostra che la flotta Lauro – che era stata una delle cinque più rilevanti del mondo – viene affondata non dai debiti, ma dalle varie gestioni commissariali imposte dal governo italiano che se la spolpano letteralmente.
La Romano ha, così, il primo approccio con il mondo della “marineria” italiana e internazionale, che sarà costretta ad approfondire, molti anni dopo, per un evento tragico: la morte di sua sorella, Paola Romano, avvenuta nell’agosto del 2007 sull’aliscafo della Siremar-Tirrenia finito a tutta velocità sulla scogliera di ingresso del porto di Trapani. Così apre il blog “Amici di Paola” per scoprire le vere cause e responsabilità di quanto accaduto. Ma nonostante riesca a identificarle e denunciarle, i veri colpevoli non sono mai stati puniti, nè le cause sono state rimosse con conseguenze gravissime: come la tragedia della Costa Concordia che si sarebbe potuta evitare.
A quell’epoca, intervistata da numerosi giornalisti, promise che – come aveva donato gli organi della sorella per salvare vite umane – avrebbe donato l’importo del risarcimento danni per finanziare un’attività di beneficenza da realizzare in memoria di Paola. Ma come ha raccontato sul blog, il risarcimento non c’è mai stato: e non è un caso isolato. Dalla sua inchiesta sul blog emerge che il 90% delle vittime di incidenti in mare non sono risarcite o lo sono in maniera inadeguata, e che le maggiori responsabilità del disastro sono di chi avrebbe potuto evitarlo se avesse utilizzato le costose apparecchiature di controllo (un business targato Finmeccanica) a propria disposizione: cioè, la Capitaneria di Porto, come accaduto anche nell’incidente della Costa Concordia. Nelle vesti di blogger di “Amici di Paola”, dunque, Serena Romano scopre un mondo poco conosciuto dal grosso pubblico: e grazie alle confidenze, alle denunce e alle verità raccontate dalla gente di mare, per anni il suo blog ha avuto un seguito inaspettato, finendo al terzo posto nelle statistiche per velocità di crescita.
Quanto, infine, alla sua attività di volontaria a sostegno di persone con disagio psichico, questa inizia poco dopo la morte di Paola, per un episodio di cronaca raccontato sul sito “I lenzuoli bianchi”. Da allora, Serena Romano è presidente della “Rete sociale”, un’associazione di familiari e amici dei sofferenti psichici. E oggi – pur continuando la propria attività giornalistica come freelance – utilizza la propria esperienza in campo mediatico soprattutto per difendere i diritti di persone con disagio psichico, tramite l’associazione “La Rete sociale”.