“Questa non è scienza. È solo business.
I dati sui vaccini contro il Covid non sono disponibili
e non saranno disponibili per anni”.
Trascrizione dell’intervento dello scienziato Peter Doshi in un’audizione U.S. messa online dal Senatore Ron Johnson e tenutasi il 2 novembre 2021. La trascrizione è a cura del blog 5LM Magazine.
“Buongiorno sono Peter Doshi, faccio parte della facoltà dell’Università del Maryland e sono redattore del BMJ. Non ho conflitti rilevanti di interesse e i miei commenti di oggi sono a titolo personale. Nella formazione in farmacologia insegno un corso obbligatorio su come valutare criticamente la letteratura medica. Formiamo gli studenti su come andare oltre un abstract di studio e iniziare a discernere e valutare criticamente gli studi biomedici, non solo prendendoli così come arrivano. Voglio usare i miei cinque minuti qui per mettere in campo lo spirito di pensiero critico. Sono rattristato di quanto siamo saturi, come società in questo momento, dell’atteggiamento del “lo sanno tutti che…” che ha spento la curiosità intellettuale e ha portato all’autocensura. Quindi lasciatemi iniziare con alcuni esempi del “lo sanno tutti…” di cui non sono certo che dovremmo essere così sicuri.
“Lo sanno tutti che questa è una PANDEMIA DI NON-VACCINATI….” Ma se i ricoveri e i decessi si verificassero esclusivamente nei non vaccinati, perché sarebbero necessari nuovi richiami vaccinali? O perché le statistiche sono così diverse nel Regno Unito, dove la maggior parte dei ricoveri e dei decessi per Covid sono tra persone completamente vaccinate come ha detto il senatore Johnson…? C’è qualcosa che non va facendo i conti, e dovremmo chiederci tutti: È vero che questa è una pandemia di non vaccinati? Che cosa vuol dire?
Altro esempio: “Lo sanno tutti che I VACCINI PER COVID SALVANO VITE fin dall’inizio del 2021 (…) come potete vedere qui nella citazione di un articolo di febbraio nel giornale dell’associazione medica americana”. Ma è vero? Quando quella dichiarazione di importanti funzionari pubblici sanitari è stata scritta, c’era stata solo una morte tra i 70.000 partecipanti agli studi Pfizer e Moderna. Oggi abbiamo più dati, e potete vedere che c’erano numeri simili di decessi nei gruppi vaccinati e placebo.
Gli studi non hanno mostrato una riduzione della mortalità, neanche per morti da Covid. Al contrario di altre cause le prove sono fragili, con solo due decessi nel gruppo placebo contro uno nel gruppo vaccinato. Non è che io sappia la verità su cosa il vaccino possa e non possa fare, il punto è che quelli che avevano affermato che fosse dimostrato che i vaccini sono molto efficaci nel salvare vite si sbagliavano. Gli studi non hanno dimostrato questo.
Altro esempio sul termine NOVAX: “Lo sanno tutti che non devi dare credito a cosa gli anti-vaccinisti hanno da dire…” Ma cosa significa questo termine? Il dizionario Merriam-Webster lo definisce come “una persona che si oppone all’uso di vaccini o all’obbligo di vaccinazione“. La prima parte della definizione era prevedibile, la seconda parte mi ha sbalordito. Ci sono interi paesi, dal Regno Unito al Giappone, che non impongono i vaccini per l’infanzia, entrambi raggiungono alti livelli di vaccinazione, senza alcun obbligo vaccinale. Non ci sono obblighi lì e scommetto che forse una maggioranza della popolazione mondiale, soddisfa la definizione data qui di NOVAX”.
Ancora un esempio: “FARMACI O VACCINI?” E’ un’altra definizione che vale la pena controllare quella di vaccino. Io sono uno di quegli accademici che sostengono che questi prodotti a mRna, che tutti chiamano vaccini, sono qualitativamente diversi dai vaccini standard, e così ho trovato affascinante apprendere che il dizionario Merriam-Webster ha cambiato la sua definizione di vaccino all’inizio di quest’anno. I prodotti mRna non soddisfano la definizione di vaccino in vigore da 15 anni, ma il Miriam-Webster ha ampliato la definizione in modo tale che i prodotti mRna siano ora vaccini. Lo sottolineo per fare una domanda: come potresti pensare di rendere obbligatori i vaccini contro il Covid se non li avessi chiamati vaccini? Ma se, invece, queste iniezioni fossero chiamate farmaci? Ecco lo scenario che ne deriva : abbiamo questo farmaco e abbiamo le prove che non previene l’infezione, né ferma la trasmissione del virus, ma si ritiene che il farmaco riduca il tuo rischio di ammalarti gravemente e morire di Covid. Prenderesti una dose di questo farmaco ogni sei mesi o giù di lì per il resto della tua vita? Se è quello che vuoi affinché il farmaco rimanga efficace, prenderesti semplicemente questo farmaco per te stesso, sosterresti un obbligo normativo affinché tutti gli altri intorno a te prendano questo farmaco, o invece diresti “aspetta un attimo”: se questo è tutto ciò che fa il farmaco, allora perché non usare una medicina normale, di quelle che prendiamo quando siamo malati e vogliamo stare meglio? Perché renderla obbligatoria? Il punto è: solo perché chiamiamo una cosa vaccino, non significa che dovremmo desumere che i nuovi prodotti siano come tutti gli altri vaccini obbligatori dei bambini. Ogni prodotto è un prodotto diverso. E se alle persone va bene che venga imposto qualcosa semplicemente perché: “è un vaccino, abbiamo già reso obbligatori altri vaccini, perché non dovremmo rendere obbligatorio anche questo?”, penso che sia il momento di iniettare un po’ di pensiero critico in questa conversazione come spero di essere riuscito a fare oggi.
[SEGUE L’ALTRO INTERVENTO di Peter Doshi]
QUI NON C’È SCIENZA, SOLO BUSINESS
“Proseguo il discorso del dottor Haley e sottolineo solo i punti sulla trasparenza dei dati.
Nel video il dottor Healey ha detto che ciò che è sotto il cofano degli studi clinici Pfizer non è scienza, sono affari. Io ho esaminato gli studi clinici sponsorizzati dall’industria per oltre un decennio e tendo ad essere d’accordo con il dr Healy: il business e il marketing spesso sembrano guidare le cose. Nel mio caso è successo dieci anni fa, nel bel mezzo di un’altra pandemia, l’influenza suina, e per quattro anni abbiamo combattuto per accedere ai dati della sperimentazione clinica del farmaco Tamiflu. Invece di un articolo di giornale di otto pagine che ci parlava di una sperimentazione clinica, volevamo le 1000 pagine di studio interno aziendale, documenti che sapevamo fossero sotto la linea di galleggiamento. Il fatto che i dati di Tamiflu fossero inaccessibili è stato uno shock anche per i redattori di riviste mediche. Ho ragionevolmente pensato da allora che i dati siano fondamentali per il processo scientifico, sicuramente devono essere disponibili. Ma non lo erano per il Tamiflu e non lo sono oggi per i vaccini Covid. Infatti se sei interessato ad analizzare i dati, per avere evidenze certe su Pfizer, dovrai aspettare fino a maggio 2025 prima di poter anche solo richiederli alla società. Per Moderna, hanno recentemente detto che i dati “potrebbero essere disponibili con pubblicazione dei risultati finali dello studio nel 2022”, e poiché il procedimento non dovrebbe ufficialmente finire fino a ottobre 2022, probabilmente stiamo parlando di fine 2022. Quindi, sì, il processo non è ancora terminato e sì, medici e ricercatori che vogliono vedere i dati della sperimentazione clinica dovranno aspettare un altro anno da oggi prima di ottenere l’accesso.
L’OCCULTAMENTO DEI DATI
Se non eravate a conoscenza che i dati erano inaccessibili sospetto che questo sia perché pochi operatori sanitari e ricercatori sono abituati a condurre un’attività indipendente di revisione dei dati grezzi, quindi ci sono poche proteste quando tali dati sono inaccessibili.
Allora, mentre ci viene detto di continuare a seguire la scienza, quello che stiamo seguendo non è un processo scientifico basato su dati aperti. Stiamo seguendo un processo in cui i dati sono trattati come segreti e dal mio punto di vista c’è qualcosa di molto poco scientifico riguardo a questo. Temevo che saremmo finiti in questa situazione perché la segretezza dei dati, mi dispiace dirlo, è lo status quo. Nel 2015 l’Istituto di Medicina ha pubblicato uno studio di consenso che chiede un cambiamento culturale per cui la condivisione dei dati diventi la norma, non l’eccezione, ma non è cambiato abbastanza. Lo scorso agosto, prima di avere risultati da qualsiasi degli studi cardine sui vaccini contro il Covid, sono stato coautore di un articolo con il dottor Healy per dire ai clinici e società professionali che è necessario dichiarare in anticipo che non approveranno trattamenti o vaccini a meno che vi sia completa trasparenza dei dati.
Il punto che sto cercando di dire è abbastanza semplice: i dati sui vaccini contro il Covid non sono disponibili e non saranno disponibili per anni. Eppure non stiamo solo chiedendo, ma stiamo obbligando milioni di persone a prendere questi prodotti.
Qualunque sia la parola che volete usare per descrivere questa situazione, beh senza dati non è Scienza”